Gli Usa rischiano davvero il fallimento?

È allarme per la tenuta dei conti pubblici statunitensi: il rendimento dei buoni del Tesoro americano, i Treasury, a un mese ha superato il 5,5%, mentre il costo dei Cds sul debito Usa a un anno – la sigla sta per credit default swap e indica i derivati che servono ad assicurarsi dall’ipotesi di un probabile fallimento – è ai massimi storici. A spingere i prezzi sono state, tra l’altro, le dichiarazioni di Janet Yellen, segretaria al Tesoro Usa, secondo cui dopo il primo giugno lo Stato federale rischierà di non poter più soddisfare i suoi obblighi finanziari.

IL TETTO DEL DEBITO E LA SCADENZA DI GIUGNO

Ma a cosa si riferiscono le parole di Yellen e come si è arrivati a questo punto? Per inquadrare bene la situazione bisogna anzitutto conoscere il funzionamento delle regole di bilancio negli Stati Uniti, dove il Congresso fissa per legge la soglia entro la quale il debito pubblico deve mantenersi, pena appunto il fallimento dello Stato. Nella storia degli Usa questa soglia di indebitamento consentita, detta tetto del debito, è stata già innalzata o sospesa circa 80 volte dal 1960, di cui tre sotto la presidenza Trump. Lo scorso gennaio il Congresso non è però riuscito a innalzare ulteriormente il tetto al debito e ora bisogna trovare un accordo entro il 1° giugno, altrimenti si rischia di arrivare al mancato pagamento di alcune delle spese del bilancio pubblico.

UNA CATASTROFE IN VISTA SE NON SI TROVA UN ACCORDO POLITICO

Le parole di Janet Yellen sono state chiare: se entro giugno il Congresso non riuscisse ad approvare una legge per innalzare la soglia del debito si creerebbe una “catastrofe economica e finanziaria che sarebbe dipesa da noi stessi”. Il problema è politico: per innalzare il tetto, infatti, occorre un accordo bipartisan tra democratici e repubblicani, esito che però non è affatto scontato. La Camera – a maggioranza democratica e dunque favorevole al presidente Biden – ha già approvato l’innalzamento lo scorso 27 aprile; ma la proposta di legge è rimasta incagliata in Senato, dove invece la maggioranza è del partito repubblicano.

GARANTIRE IL PAGAMENTO DEGLI INTERESSI SUI TITOLI DI STATO

In caso di mancato accordo, e quindi di default, le autorità Usa dovrebbero anzitutto studiare soluzioni per garantire, almeno per un po’ di tempo, il pagamento degli interessi sul debito: un paradosso per gli investitori, che da sempre considerano i titoli di Stato statunitensi un “porto sicuro”. Tuttavia, se anche si trovasse una soluzione per questo problema, il fallimento dello Stato porterebbe a ritardare i pagamenti su pensioni pubbliche, sussidi e altre spese, con pesanti conseguenze per i cittadini Usa.

USA PIÙ RISCHIOSI DI MESSICO E GRECIA

Uno scenario che i mercati stanno già iniziando a scontare: ed ecco che i credit default swap sul debito Usa a un anno sono arrivati a toccare il massimo storico di 172 punti base, secondo i dati di S&P Global Market Intelligence riferiti dalla Reuters. Come hanno osservato alcuni analisti, assicurarsi contro il rischio di fallimento dei Treasury a 12 mesi costa ora 50 volte di più rispetto al prezzo richiesto per gli stessi derivati sul Bund tedesco a un anno e persino più di quelli relativi al debito di Paesi ritenuti tradizionalmente poco affidabili, come Messico, Filippine, Croazia e la stessa Grecia. Resta per ora la fiducia degli investitori nei confronti dei titoli del Tesoro Usa a scadenza più lunga, come i decennali. Fino al primo giugno gli occhi degli investitori restano puntati sul Congresso, in attesa delle decisioni che verranno prese per scongiurare il default della prima economia mondiale. I mercati comunque scontano che verrà trovata – come al solito – una soluzione entro i termini previsti.

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