Rialzo dei tassi, perché il mercato immobiliare Usa è tra quelli che rischiano il crollo

Tra i mercati che nei prossimi mesi risentiranno maggiormente – e in senso negativo – del rialzo dei tassi messo in atto dalle banche centrali a livello globale c’è senz’altro l’immobiliare Usa, per una serie di ragioni. Vediamole insieme.

PREZZI IN ASCESA, COMPRAVENDITE IN CALO

Il primo dato da tenere in considerazione sono i prezzi: nell’ultimo decennio le quotazioni delle case negli Stati Uniti hanno registrato una crescita sensibile, pari al +60% aggiustato per l’inflazione dal 2013 allo scorso settembre. Un andamento al rialzo a cui però fa da contraltare un calo costante delle compravendite: secondo il Wall Street Journal, a ottobre quelle riguardanti le case private hanno segnato a ottobre il nono calo mensile consecutivo. Si tratta della serie negativa più lunga di sempre, per una contrazione cumulativa pari al 30%: su base tendenziale si tratta del declino più consistente da febbraio 2008, il periodo in cui si cominciavano ad avvertire le prime avvisaglie dello scoppio della bolla dei mutui subprime.

MUTUI CARI, CASE ANCORA DI PIÙ

Ci sono due ragioni principali per le quali gli americani non stanno più comprando case. La prima è legata direttamente ai rialzi messi in atto dalla Federal Reserve e riguarda il costo dei mutui, che da gennaio è più che raddoppiato, passando dal 3% al 7%.

In concreto significa che un cittadino statunitense che un anno fa avesse deciso di comprare una casa da 340mila dollari versando un anticipo del 10% avrebbe dovuto mettere in conto una rata mensile da 1200 euro, mentre adesso si parla di più di 1800 dollari. La seconda ragione è il fatto che i prezzi degli immobili negli Usa sono diventati ormai proibitivi: secondo un’analisi della National Association of Realtors il reddito annuo necessario per sostenere l’acquisto della tipica casa americana è schizzato dai 40mila dollari del pre covid a quasi 90mila, ben al di sopra del Pil pro capite che negli Usa supera di poco i 60mila dollari.

CORREZIONE IN VISTA

Un’accoppiata che fa sì che gli statunitensi stiano comprando sempre meno case, e questo, a rigor di logica, porterà i prezzi del mercato immobiliare a scendere. Di “severa correzione” parla una ricerca della Federal Reserve di Dallas, secondo cui il calo nel 2023 potrebbe arrivare a -20%. In base ad altre stime un calo del 15% sarebbe da considerarsi addirittura prudenziale.

UNA NUOVA BOLLA?

Ci troveremo di fronte a una nuova bolla come quella dei mutui subprime? Secondo gli osservatori in questo caso si può stare relativamente più tranquilli. Per quanto la crescita dei prezzi delle case negli Usa negli ultimi dieci anni sia comparabile a quella registrata nel periodo 1998-2007, non è stata spinta da ragioni speculative come in quel caso e soprattutto le banche sono diventate più prudenti nel concedere mutui a persone prive delle necessarie garanzie.

Tuttavia, un calo dei prezzi degli immobili nell’ordine del 15-20% avrebbe un impatto importante su tutta l’economia. In base allo scenario più avverso previsto dalla Fed di Dallas, i consumi personali potrebbero contrarsi tra 0,5 e 0,7 punti percentuali, con un effetto negativo sulla domanda aggregata che aggraverebbe il rallentamento già in corso, facendo sentire il suo peso anche sui fatturati e sugli utili delle società quotate a Wall Street.

CALANO LE VENDITE ANCHE IN ITALIA

Questo scenario potrebbe verificarsi anche da noi? Alcuni segnali dicono di sì: secondo l’ultimo preconsuntivo della società specializzata Nomisma, ad esempio, nel secondo semestre le vendite di abitazioni in Italia registreranno un calo dell’8,9% rispetto ai primi sei mesi dell’anno. Nella seconda metà del 2022 i prezzi sono previsti in aumento dello 0,5% dopo il +2,3% registrato nei primi sei mesi. Lo studio, dunque, evidenzia una “chiusura della fase di crescita post pandemica e l’avvio di una nuova fase di arretramento conseguente all’impennata dei prezzi”.

MILANO E ROMA, PREZZI IN ASCESA

In alcune città, come Milano e in parte Roma, comprare casa è già diventato un sogno impossibile: se nella capitale per permettersi un trilocale (superficie media di 90 mq) occorre guadagnare circa 3.300 euro netti al mese, a Milano chi guadagna più o meno la stessa cifra si deve accontentare di un bilocale (in media 60 mq).

Nel capoluogo lombardo il reddito netto mensile necessario per comprare un trilocale supera i 5.500 euro, ben al di sopra di quello dei potenziali acquirenti. Tuttavia, nel Vecchio continente i legami tra mercato immobiliare e mercati finanziari sono meno forti che negli Stati Uniti, e le banche sono ancora più caute quando si tratta di concedere mutui: per questo forse in Europa non vedremo lo stesso tracollo a cui rischia di andare incontro l’immobiliare Usa.

 

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